Ars combinatoria

Cucire i resti, la vivace esistenza delle cose da niente


Ars Combinatoria è una serie virtualmente infinita di piccoli lavori su carta, elaborati incollando e cucendo insieme carte acquerellate, frammenti di stoffa e fibre organiche, la cui sequenza non segue una progressione lineare, ma uno sviluppo “rizomatico”, un’evoluzione anarchica; in altre parole costituisce una collezione di elaborati ognuno dei quali può fornire il modello per quello successivo, secondo un metodo di alea controllata che permette di iniziare anche nel mezzo: in un passo che amo dei Diari, Kafka scrive: «Le cose che mi vengono in mente non mi si presentano attraverso la loro radice, ma per un punto qualunque situato verso il loro mezzo...».



Raimondo Lullo e l’ars combinatoria di Marina Faggioli
di Francesca Rigotti

C’era un monaco medioevale spagnolo di nome Raimondo Lullo, che visse nel secolo XIII, la cui attività principale consisteva nel trovare un metodo generale del sapere allo scopo di scoprile la verità. Non era un proposito da poco, invero, e infatti la sua impresa inveniendi veritatem (di trovare la verità) si chiamava ars magna. Quella che Lullo cercava era nientemeno che una classificazione delle conoscenze rigorosa e vera, una scienza generale per tutte le scienze, tale che, nei suoi principi generali, siano contenuti i principi di tutte le scienze particolari, così come il particolare è contenuto nell’universale.

Insomma il nostro Lullo con la sua ars magna cercava di risolvere ogni proposizione nei termini semplici di cui era composta; una volta ottenuto un elenco completo di tutti i termini semplici, li si sarebbe potuti combinare insieme in tutte le maniere possibili ottenendo tutte le verità possibili. Per questo la sua disciplina si chiama ars combinatoria.

C’è un'artista di oggi, Marina Faggioli, che ispirandosi a Lullo, combina termini e cose semplici, in molte maniere possibili. Non va a caccia della verità – se non forse della verità artistica, che è una verità tutta speciale – però combina e combina: foglie, fili, stoffe, carta, colori. Il risultato non è uno strumento logico-razionale per comprendere la realtà ma sono tanti oggetti artistici che alla realtà e alla sua complessità alludono e la verità evocano, senza poterle mai dimostrare.

Il nostro Lullo, per tornare all’ideatore dell’ars combinatoria, ispirò moltissimi filosofi che andavano come lui alla ricerca della corrispondenza tra la struttura dell’universo e il processo di unificazione delle conoscenze che si svolge nella nostra mente. Tra questi, nientemeno che Giordano Bruno, che nel 1600 introdusse il fattore “umbratile” e sensibile che governa anche il mondo delle immagini e della fantasia, familiare a Marina Faggioli. E poi il grandissimo filosofo e matematico tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz, che cercò nel 1700 di rinnovare l’ars combinatoria di Lullo: di nuovo si trattava di ridurre le nozioni composte a poche nozioni semplici con le quali trovare metodicamente tutte le cose e poi ricombinarle insieme. Leibniz conosceva uno strumento di enorme aiuto: si tratta del filo del ragionamento (o filum inveniendi), cioè il filo logico, il filo per non smarrirsi, il principio guida che come il filo di Arianna permette di far ordine nei meandri dei pensieri.

Anche nelle opere di Marina Faggioli ci sono fili che “ricuciono” il particolare – frammenti minimi che combinati assieme costituiscono un ordine transitorio – ma che, a seguirli, come nelle ultime tendenze dell’arte attuale, non possono più “far uscire” da qualche parte.

Francesca Rigotti, Göttingen, 16 novembre 2009